UNA PAROLA SUL LOGO CURATO PER LA CELEBRAZIONE DEL CENTENARIO DELLA MORTE DI BERTILLA, LA VOSTRA, LA NOSTRA SANTA. LA SANTA DI TUTTI.
Contiene, ben fusi insieme tre elementi: una scritta/messaggio, un volto, un simbolo.
La scritta/messaggio suona cosi:
“Il mite brillare di una luce gentile riempie di pace la nostra città”. La felice espressione “luce gentile” è stata ripresa da una famosa preghiera di un fine e acuto filosofo e teologo anglicano dell’800, J.H. Newman, convertitosi al cattolicesimo, creato cardinale e proclamato santo nel 2018.
Rivolgendosi al Signore egli così lo invoca: “Conducimi tu, luce gentile, conducimi nel buio che mi stringe; la notte è scura, la casa è lontana, conducimi tu, luce gentile. Sostieni i miei passi vacillanti…”
La luce divina è definita genialmente “gentile”, perché proveniente dall’eterno Amore, quello divino, Amore che è sempre discreto, delicato, rispettoso e umile.
Di questa divina luce gentile Bertilla è stata un riflesso fedele, un limpido specchio. Per questo la sua breve vita è apparsa a tutti come il “mite brillare” di una piccola stella. Piccola sì, ma in grado di illuminare, orientare e sostenere i passi incerti, insicuri e spesso feriti e insanguinati di quanti l’hanno incontrata e conosciuta.
E lei continua anche oggi la sua missione, come testimonia ancora la scritta: “E riempie di pace la nostra città”. Sì, è proprio così: il mite brillare di una luce gentile, come quella di Bertilla, non può che effondere e diffondere pace, serenità e speranza non solo nella nostra Vicenza, ma nel cuore di tutti.
La densa ricchezza contenuta nella scritta/messaggio si trova per così splendidamente impressa nel riuscito schizzo del volto della santa. Un volto meravigliosamente sereno, sorridente, dolce, che trasmette ed infonde tanta e tanta pace.
Splendidi i suoi occhi che fissano con delicata tenerezza quanti la guardano. Occhi che rivelano anche un tratto di nobile furbizia: è la furbizia dei santi che ci ricordano che la più grande delle astuzie è quella di diventare santi.
Infine il simbolo, la ruota, che sembra fare un tutt’uno con il bel volto di Bertilla. Ruota che sta lì a rammentarci la via che lei ha scelto per farsi santa. La via dei carri.
Una domanda: la via dei carri deve essere anche la nostra?
A questo proposito riprendo una preziosa indicazione di papa Francesco nella sua esortazione apostolica sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo (Gaudete et exsultate, 2018): Tutti siamo chiamati alla santità – scrive il papa – ma “ognuno per la sua via”. I santi vanno visti come modelli, ma non devono essere copiati. Per ciascuno di noi esiste infatti una via unica, personale e specifica. Ognuno quindi è chiamato a discernere la propria strada per non esaurirsi cercando di imitare qualcosa che non è stato pensato per lui (cf. n. 13).
Pertanto S. Bertilla ci dice: “Io ho percorso la via dei carri, tu segui quella pensata proprio per te da Dio, tenendo conto della tua personale condizione: talenti, limiti, fragilità, carattere, ambiente di vita… Io intercedo per te. E buon cammino!”.
Dio non vuole da noi una fotocopia, ma l’originale. Perché originale ha creato ognuno di noi. E originale e creativa deve essere la risposta di ciascuno.
I colori del logo sono essenziali, discreti, tenui… ”gentili” in piena sintonia con la spiritualità di Bertilla. Che non si impone a nessuno. Ma che si propone, disarmata e disarmante, a tutti. Infinite grazie, Signore, per il dono di Bertilla. E grazie a te Bertilla, per aver corrisposto, in modo umilmente grande, al tuo Donatore.
Omelia di Don Diego Baldan
(Cappella della comunità C.S.A. SDVI Infermeria, 20 ottobre, VICENZA)