Sguardi sul dolore

“Ogni momento della vita è una trama di sguardi. La vita inizia con uno sguardo, e quale serenità trovare al tramonto della vita uno sguardo amorevole”.

In questo passaggio è condensato il senso del convegno dal titolo “Sguardi sul dolore. La vita e il suo volgere nelle RSA. La prospettiva normativa, assistenziale, etica e religiosa”, organizzato dal Centro servizi per anziani “Santa Bertilla”, che si è svolto lo scorso sabato 14 maggio 2022 nella Sala della Comunità di Vo’ di Brendola, evento che si inserisce fra le iniziative per il Centenario dalla scomparsa di Santa Maria Bertilla Boscardin.

A moderare il dibattito, davanti ad una sala gremita, è stato Diego Munari, direttore del Csa “Santa Bertilla”: dopo i saluti iniziali del sindaco Bruno Beltrame e del vicesindaco Silvia De Peron, suor Maria Teresa Peña, madre generale delle Suore Dorotee, ha dato l’avvio ai lavori.

E proprio il primo intervento ha puntato l’attenzione sul primo “sguardo”, quello più immediato quando si pensa ad una situazione di malattia o decadimento psicofisico, il dolore. A fare il punto della situazione il dottor Mirko Riolfi, medico palliativista nell’Aulss 9 Scaligera. Dopo un interessante quadro storico, il dottor Riolfi ha sottolineato come sia relativamente recente l’uso dell’espressione “cure palliative”, citata per la prima volta nel 2017 durante l’aggiornamento dei Lea, i Livelli Essenziali di Assistenza. Ogni distretto socio-sanitario dovrebbe avere il proprio ambulatorio per le cure palliative, in grado di approntare un idoneo percorso specifico per ciascun paziente, possibile in quanto il trend evolutivo è sì piuttosto diverso a seconda delle patologie, ma indicativamente è conosciuto. “Il decadimento cognitivo – ha detto il dottor Riolfi – non inficia la capacità di provare dolore, il dolore è reale”.

È quindi seguito l’intervento di Tomas Chiaramonte, avvocato, direttore di tre RSA, professore a contratto all’Università di Verona, sul tema “Consenso informato, DAT e fine vita: spunti per una riflessione giuridica”. “E’ necessario – ha spiegato – distinguere tra suicidio assistito e DAT (disposizioni anticipate di trattamento). È determinante il metodo con cui si affronta questo tema. Lo dico da credente : è fondamentale mettersi in relazione con chi, fuori da qui, è convinto che ci sia solo dolore, un dolore da togliere”.

La legge a cui si fa riferimento è la n. 219 del 2017 che prevede che le DAT si possano depositare nell’ufficio anagrafe del proprio Comune.

Il terzo “sguardo” l’ha proposto mons. Giuseppe Pellizzaro, direttore dell’ufficio diocesano di pastorale della salute, docente di teologia morale al Seminario di Vicenza. “È una tematica difficile da affrontare – è stato il suo esordio – Spesso rimuoviamo il concetto della morte, che da evento naturale è diventato sempre più un atto medico. Un tempo, quando si moriva in casa la porta era aperta, gli amici potevano venire e la morte era un passaggio, chi “andava avanti” continuava ad accompagnare chi restava. Oggi invece assistiamo alla privatizzazione della morte, manca il contesto che le dava un senso alla morte. E non siamo più capaci di parlare al morente”. Deve esistere, ha aggiunto mons. Pellizzaro, un’alleanza terapeutica tra medico e paziente quando quest’ultimo non è più in grado di esprimersi. In tal senso sono nate le DAT, Disposizione anticipate di trattamento. Facendo riferimento all’esempio di papa Giovanni Paolo II, mons. Pellizzaro ha sottolineato che “accettarsi nella debolezza propria ed altri vuol dire far emergere la nostra umanità”.

Suor Nadilla Baldinazzo, Superiora della Comunità Accoglienza CSA Brendola, è quindi intervenuta sul quarto “sguardo”, quello di Santa Maria Bertilla. “Suor Bertilla è una palliativista nata”, ha detto, leggendo alcune parti del libro “Per puro amore” di mons. Antonio Guidolin, citando in particolare una frase ricorrente del Santa: “A Dio tutta la gloria, agli altri tutta la gioia, a me tutte le fatiche”. “Suor Bertilla – ha aggiunto suor Nadilla – vedeva in ogni letto un altare; il suo era lo sguardo sul dolore di un Gesù crocifisso”.

Per le conclusioni, il direttore Munari ha dato la parola al dottor Achille Di Falco, direttore dei Servizi Socio Sanitari dell’Ulss 8 Berica. “Sono stato per anni per tanti anni in terapia intensiva da infermiere – ha raccontato – con la possibilità di avere in mano farmaci molto potenti. La richiesta di aiutare a transitare non arrivava sempre dalla persona, quanto dalle famiglie. Ma la famiglia è una complessità di situazioni, che il singolo professionista non può gestire. Per questo bisogna trovare un equilibrio d’equipe”. Il dottor Di Falco ha insistito sull’importanza di continuare a parlare di questi argomenti, condividendo riflessioni ed esperienze, utili soprattutto quando ci si trova ad affrontare altre situazioni complesse come la scelta e l’allocazione delle risorse.

Il direttore Munari ha proposto infine un piccolo video: “Non vinceremo l’oscar – ha detto – ma arriveremo al cuore”.

Isabella Bertozzo