Sono semplicemente un ammiratore di questa benedetta Congregazione, ho una sorella Dorotea che sta celebrando più di 50 anni di professione e sono molto grato a loro perché i tre figli che Dio mi ha dato sono stati educati nell’Unità Educativa San Giovanni Antonio Farina, a San Rafael.
Cento anni di presenza di queste religiose in Ecuador, Cento anni! Che facile dirlo! Nel 1924, su richiesta quasi angosciosa dei missionari Giuseppini che erano arrivati nella foresta amazzonica ecuadoriana solo un paio di anni prima, e dopo un lungo processo, la superiora della casa madre a Vicenza, nel nord Italia, Suor Maria Azelia Farinea, decise che un gruppo di sei religiose venisse in Ecuador. All’epoca, la congregazione, fondata nel 1836 dal celebre Vescovo di Treviso e Vicenza, Mons. Giovanni Antonio Farina, -elevato agli altari nel 2014-, aveva appena compiuto i suoi primi 88 anni di vita. Ma in quel breve lasso di tempo era cresciuta in numero di vocazioni e soprattutto in esperienza nella missione educativa tra i poveri.
Questi 100 anni sono pieni di episodi, atti eroici, momenti difficili, sudore e lacrime e anche di bei aneddoti, ma con un denominatore comune predominante: fede, speranza, amore, umiltà, duro lavoro, cieca fiducia in Dio, gioia e dedizione totale verso i più poveri, specialmente della nostra Amazzonia indigena. La loro presenza qui ha avuto fin dall’inizio una proiezione storica e carismatica davvero prodigiosa.
Salparono dal porto di Genova la notte del 20 febbraio 1924 dirette al porto di Colón in Centro America. Un viaggio attraverso l’Atlantico che doveva durare trenta giorni, ma a causa dei danni alla nave, rimasero in mare per sessanta cinque giorni. Quando arrivarono a Colón, a Panama, ricevettero la notizia che non potevano e non dovevano andare in Ecuador, non perché fossero italiane, ma perché erano religiose. Ecuador, il nostro paese, attraversava un momento “democratico” anticlericale. Le religiose e alcuni religiosi Giuseppini che le accompagnavano nel viaggio, decisero di mettere da parte i loro abiti religiosi o tonache, apparire come laici e dissimulare davanti ai servizi segreti dell’Ecuador.
Il 26 aprile 1924 arrivarono a Guayaquil, una città con il 98% di case di legno, senza strade, caratterizzata da un manifesto antagonismo sociale tra pochi proprietari terrieri, coltivatori di cacao e banchieri, e una moltitudine di poveri. Cercarono di scendere dalla nave ma, naturalmente, per la la loro figura svelta da italiane non riuscirono a ingannare. Dovettero tornare sulla nave. La provvidenza volle che proprio Monsignor Emilio Cecco, un celebre Vescovo Giuseppino della Missione del Napo, incontrasi a Guayaquil le autorità che per coincidenza erano al porto e riuscirono a registrare le nostre viaggiatrici come migranti italiane in Ecuador.
Per un giorno furono ospiti nella casa delle suore della Provvidenza a Guayaquil, e il giorno successivo presero il treno in direzione della Sierra. Arrivarono ad Ambato, si ospitarono in un’altra casa della stessa comunità della Provvidenza, continuarono in treno fino a Pelileo, qui chiesero ospitalità alle suore Marianite, avanzarono camminando il giorno successivo verso Baños dove furono accolte dalle religiose Domenicane, fino a quando, dirette verso la loro “terra promessa”, l’Oriente ecuadoriano, il 5 maggio 1924 si addentrarono nella foresta, per arrivare finalmente il 15 maggio 1924, -esattamente 100 anni fa-, a Tena. In quest’ultimo tratto, Baños-Tena, dovettero superare la paura e accettare di essere portate sulle spalle da esperti indigeni, avanzando per i sentieri o “culuncos”, che erano stretti percorsi a modo di trincee di due o tre metri di profondità e uno di larghezza, ma coperti dalla vegetazione soprastante.
Possiamo dire che quel 15 maggio 1924 si fondò la prima comunità Dorotea in Ecuador, a Tena, dove solo due anni prima, il 26 settembre 1922, erano arrivati i missionari Giuseppini. L’attuale città di Tena, capitale della Provincia di Napo, che oggi ha una popolazione urbana di 30.000 abitanti, all’epoca disponeva solo di una piazza o radura in piena foresta, con sei capanne e circondata dai fiumi Tena e Pano, affluenti del Misahuallí e poi del Napo.
I nomi di queste sei eroine rimarranno sempre impressi nella memoria delle Congregazioni fraterne delle Suore Dorotee e dei Missionari Giuseppini nell’Oriente ecuadoriano. Si chiamavano:
- SUOR PIA MARGHERITA COSTA, la religiosa che incarnava lo slogan “dolcezza e fermezza” delle Suore Maestre di Santa Dorotea nei loro centri educativi.
- SUOR BLESILLA ANDRETTA, la più giovane delle sei che con l’apprendimento e la padronanza della lingua quichua si inserì con passione e dedizione nella cultura indigena.
- SUOR ERASMA SBICEGO, la sempre sorridente sorellina incaricata della cucina, che con il giusto pretesto della beatificazione di Santa Bertilla fu fatta tornare in Italia per curare la sua salute e lì morì… è l’unica il cui corpo rimase lì.
- SUOR IRENE MENIN, la religiosa poliedrica: fu maestra, prestò servizio in un ospedale militare durante la prima guerra mondiale, superiora in varie comunità d’Italia ed Ecuador, ma il suo cuore ebbe una preferenza speciale per la Missione del Napo.
- SUOR LIDUVINA PERAZZOLO, la chiamata mamma degli indigeni, la religiosa che in servizio permanente visse obbedendo e morì sorridendo.
- SUOR MISERICORDIA TEGON, che solo una volta non obbedì, poiché con il precedente di Suor Erasma, rifiutò di tornare in Italia per curare la sua salute, dichiarando alle sue superiore: “sono venuta qui per grazia di Dio e qui morirò”.
Lasciare l’Italia fu per loro un’opportunità e per l’Ecuador una benedizione.
Oggi questi sei semi sono germogliati e continuano a crescere in numero. Nella provincia religiosa Ecuador-Messico lavorano 140 religiose distribuite in 25 comunità, 3 nello Stato di Jalisco, Messico, e 22 in Ecuador, nelle 3 regioni: SULLA COSTA (Guayas, Santa Elena e El Oro), NELLA SIERRA (Carchi, Pichincha, Chimborazo, Tungurahua, Azuay e Loja), e NELL’AMAZZONIA, nella privilegiata provincia di Napo.
Inoltre, diverse religiose di origine ecuadoriana lavorano anche in altri paesi, poiché la Congregazione è presente in Europa, Asia, America e Africa. Compiono la loro missione secondo il Regolamento Disciplinare elaborato da Monsignor Farina e approvato ufficialmente nel 1837, supportate dagli altari da Santa Bertilla, guidate da Suor Maria Teresa Peña, Superiora Generale, e Suor Leonor Arana, Superiora Provinciale, ispirate dal loro santo fondatore e protette da Dio. I cuori di quelle sei prime sorelline continuano a battere così come i cuori delle attuali 140 religiose di Ecuador-Messico, e lo fanno all’unisono con i battiti dei Sacri Cuori di Gesù e Maria.
In questa commemorazione del primo centenario delle Suore Maestre di Santa Dorotea, Figlie dei Sacri Cuori, commemorazione a cui si sono degnate di assistere autorità governative, religiose, civili, rappresentanti di istituzioni fraterne, ex alunne, ex alunni, genitori e amici, il minimo che possiamo fare è ringraziare Dio e fare voti affinché la Congregazione Dorotea si moltiplichi con sante vocazioni, seguendo l’esempio di quelle sei pioniere italiane che hanno reso fertile la nostra terra con eroico impegno nella missione educativa, assistenziale e pastorale, cioè assistendo i più bisognosi nel corpo e nello spirito.
Grazie mille!
Archeologo Holguer Jara Chávez