Monologo – Tutto è niente

Monologo per Voce recitante – Liberamente tratto da” S.Bertilla Boscardin” di Cecilia Vianelli

di Paola Cereda (Torino)


Tu sei il Creatore di tutte le cose.

Dalla tua bocca e dal tuo cuore dipende il destino del mondo.

Nelle tue mani metto le azioni, le intenzioni e i pensieri che hanno fatto della mia vita uno strumento di carità.

“Tu mi conosci.

Sono Annetta Boscardin. Sono nata a Brendola, vicino a Vicenza, il 6 Ottobre 1888.

Vengo da una famiglia di contadini, gente semplice che lavorava la terra e conosceva

il sole e il freddo. Mio padre era un uomo buono ma aveva un carattere scuro.

C’erano giorni in cui tornava dal campo che era già notte. Il babbo si sedeva sulla panca dell’uscio e mi chiamava a sé.  Io correvo, gli sfilavo gli stivali, poi li mettevo ad asciugare vicino alla stufa: non troppo però, altrimenti la fiamma avrebbe rovinato le suole e papà si sarebbe arrabbiato :”Cosa fai Annetta!” avrebbe urlato facendomi piangere. Dovevo stare attenta a ogni piccolo gesto perchè la sua voce grossa mi spaventava. Per fortuna c’erano le braccia della mamma alle quali tornavo per farmi consolare.

Mamma era la mia gioia, io ero la sua “Guai a me se non avessi avuto il conforto di quella figlia” l’avevo sentita dire e il mio cuore si era riempito di piacere. Era stata lei ad insegnarmi le orazioni, le avevo imparate in fretta ed ero così appassionata che il parroco mi fece ricevere Gesù a nove anni e mezzo.

“ Oca, oca, oca!” Mi scherzavano le compagne e mi i prendevano in giro perchè mi piaceva pregare, mi piaceva riflettere e meditare.

Sotto la pioggia o in mezzo alla nebbia, non mancava mai alla messa quotidiana.

“Oca, oca, oca!”

Ero lontana dai loro giochi e dalla loro spontanea vivacità.

Mi aggiravo tra le case del paese per cercare le immagini della Madonna dipinte sui muri o sui capitelli lungo le vie. Un giorno davanti ad un dipinto della Vergine, feci la promessa:  ”Maria  Santissima giuro fedeltà al tuo  santo nome. Che la tua purezza sia la mia nel corpo e nello spirito.

A tredici anni mi consacrai per sempre a te, o Dio.

“ Signor parroco, ho sentito la chiamata” rivelai  al prete, ma la sua risposta mi fu come uno schiaffo.

” Ma non sei buona a niente! Cosa se ne farebbero di te le Suore! Va, va a custodire gli agnelli!

Però Tu parlasti al cuore del parroco e lui ti ascoltò. Quando entrai dalle suore Maestre di

  1. Dorotea, decisi che avrei accettato il mio futuro, lo avrei fatto per Te. Avevo sedici anni e mezzo.

Al babbo le 150 lire per il corredo erano sembrate una fortuna. Alla fine aveva ceduto:  ”Ma si, le do i soldi e che  vada al suo destin “

Mi aveva accompagnata con il carrettino ed era rimasto a guardare la porta del convento che si apriva per accogliermi

“Addio papà,” dissi “e tu mamma non piangere, vado a servire Dio”

In convento mi diedi di fare come potevo, anche se non avevo studiato e le suore premiarono la mia devozione. Il 5 Ottobre 1905 indossai l’abito delle novizie e presi il nome di Maria Bertilla.

Tu o Dio metti il tuo soffio di santità in ogni nome: il mio nome era appartenuto alla badessa di Chelles, in Francia che nel secolo VII si era distinta per umiltà, amore e carità.

Quante virtù avevi riposto in quel nome e quale grazia mi facevi nel donarlo a me!

Il noviziato fu difficile, lavoravo, cucinavo, lavavo pentole, prendevo l’acqua al pozzo, perchè quella era la tua volontà

Quando mi mandarono all’ospedale di Treviso, non ebbi paura di una vita tribolata, purchè la tribolazione fosse per te.

Celebrai la professione religiosa l’8 Dicembre 1907.

In quel tempo il reparto isolamento era pieno di bambini colpiti da difterite, anime innocenti che lottavano contro la morte.

“Vado volentieri da loro” dissi alla superiora ” non abbia timore, il Signore mi aiuterà!”

Continuai a fidarmi di Te e mi dedicai ai piccoli malati perché erano fatti a Tua immagine e somiglianza. Nel loro dolore c’era il dolore del mondo e io mi caricai la croce. Alcuni bambini guarivano, altri spirarono tra le mie braccia.

L’ospedale divenne uno strumento attraverso il quale Tu manifestavi la tua grazia verso di me.

Vecchi cronici, prostitute, malati di mente, tisici anche loro erano tuoi figli. Pulivo sudiciume, disinfettavo piaghe e pregavo. Nel servirti, sentivo la grandezza della Tua Volontà.

E poi arrivò la guerra con le sue bombe, il terrore, la distruzione e la morte. Gli aerei volavano sopra Treviso di giorno e di notte, non lasciavano tregua.

Le mie sorelle lasciarono il Lazzaretto ma io rimasi. “Coraggio” dicevo ai malati” Gesù ci aiuta”

Quando sgomberarono il reparto, fui mandata in  Brianza. La nuova superiora fraintese la mia donazione e mi spedì in lavanderia. Grazie a lei, scoprii che l’ accettazione del dolore è un’esperienza grande.

La Tua Presenza Dio Padre, mi diede conforto e la Tua mano mi accompagnò verso il prossimo cammino.

Mi ristabilii nel corpo e nello spirito e tornai dai miei cari malati all’ospedale di Treviso.

A quel tempo ero già indebolita da un brutto male che mi prendeva lo stomaco e mi dava un forte vomito. Eppure con il Crocifisso in mano diventava più leggero. Facevo tutto per amore di Gesù, pensando che Lui aveva sofferto prima di me e io volevo ad ogni costo imitarlo. “Mai stanca, mai scoraggiata” scrivevo nel mio quaderno anche dopo un’operazione dalla quale mi svegliai in preda a dolori atroci.

Furono quattro giorni di agonia, quattro giorni in cui contavo le ore che mi separavano da Te. ”Là c’è Gesù!” dissi al prete che mi assisteva, sentendo il campanello della benedizione che suonava nella chiesetta dell‘ospedale:

“E cosa dice a Gesù?”  mi chiese il prete

“Che mi apra le porte

La Superiora Generale venne a stringermi le mani “Sei contenta, suor Bertilla?” mi chiese

“Oh si, si”

“E cosa devo dire alle suore quando tornerò in casa madre?

Dica che lavorino solo per Gesù. Dica che tutto è niente, tutto è niente”

Mi riposo all’ombra di Colui che ho atteso tanto e dolce il suo frutto al mio palato.

Sono tornata alla Tua casa e le mie sorelle oggi, proseguono sul mio stesso cammino.

Benedici le mie sorelle e tutti coloro che in Te trovano la pace e il conforto.


Paola Cereda cresciuta in Brianza laureata in psicologia a Torino con un tesi sull’umorismo ebraico. Specializzata in diritte umani e cooperazione internazionale, in particolare in progetti artistici e teatrali nel sociale